In pratica: è più importante l’iPhone o la libertà? Questa è la domanda che pare si sia rivolta Apple, tra l’altro dandosi una riposta. Ed è anche l’altra faccia della medaglia della tecnologia, mezzo per conquistare la libertà umana attraverso il progresso ma anche generatore di business senza freni. Come in questo caso. Quello di Apple, Taiwan e l’iPhone.

Apple Taiwan Tim CookApple, il caso Taiwan e l’iPhone 14

Insomma il fatto è noto: la Cina stringe la morsa intorno a Taiwan dopo la visita della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi. E così il partito comunista cinese si è ricordato di una regola per lungo tempo passata sotto silenzio. Ovvero quella per cui i componenti provenienti da Taiwan devono protare l’indicazione «Taiwan, China» o «Chinese Taipei». Apple è il principale cliente della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc), la più grande fabbrica indipendente di semiconduttori al mondo. Da lì gli iPhone vengono mandati alla Pegatron, in Cina, per l’assemblaggio. E finora la scritta “made in Taiwan” passava senza intoppi.

Ora invece è cambiato tutto. Il governo di Pechino minaccia multe a chi non si attiene alla regola, e questo vuol dire – in moneta sonante – circa 600 dollari a pezzo. Che viene fermato alla frontiera e spedito in giro per li mondo chissà quando. E allora ecco che Tim Cook fa ristampare le etichette: l’iPhone 14, quello che verrà presentato a settembre, dovrà essere “made in China”. A Taiwan ci penseremo dopo, forse.

Il piede in due scarpe

Quindi torniamo alla domanda iniziale: cosa è più importante? La libertà di un’isola che si ritiene Stato e con il quale tutto il mondo tecnologico fa affari da anni, oppure il fatto che l’uscita del nuovo iPhone possa ritardare? Tim Cook, il Ceo di Apple, s’è dtato appunto la risposta. L’uomo che si batte per i diritti, per l’eguaglianza, per un mondo sostenibile, questa volta ha scelto di stare dall’altra parte. Dimostrando che quella sul mondo migliore grazie alle aziende hitech è un’utopia che svanisce davanti al denaro. Così come succede dalla preistoria del mondo.

Però, diciamolo, facciamoci un’altra domanda: noi al posto suo cosa avremmo fatto? E poi: cosa faremo quando uscirà l’iPhone 14, per il quale Taiwan diventerà solo l’isola dei compagni che sbagliano? In fondo il Melafonino esiste perché ci siamo noi, quelli che lo comprano. E non possiamo dunque sentirci non coinvolti dalla vicenda. Senza dare tutte le colpe a Apple (perché altri faranno lo stesso), forse la vera domanda da farsi è questa: possiamo fare a meno del nuovo iPhone oppure fare a meno della libertà? Che, pensandoci, non è solo quella di Taiwan. Ma potrebbe essere anche la nostra.

L’articolo Apple, il caso Taiwan e la domanda sull’iPhone proviene da Tra me & Tech.