L’ultima domanda. Questo è il titolo di un racconto di Isaac Asimov: la storia di una domanda, appunto, sul senso della vita fatta a un computer e che viene tramandata nei millenni. Fino a quando l’unico essere senziente esistente nell’universo, un superprocessore, se la pone per l’ultima volta. Risultato: “E luce fu”. Tim Cook ha sicuramente letto quella novella ed in fondo non va tanto lontano quando spiega la ragion d’essere di Apple: “Se dovessi darvi un consiglio sul vostro futuro, non sarebbe quello di farvi una domanda. Ma di farvi la domanda giusta”. L’occasione è la cerimonia in cui l’Università Federico II di Napoli gli conferisce la laurea honoris causa in Innovation an International Management, ma la frase non è rivolta solo agli studenti. Che poi incontrerà per un ora rafforzando i suoi concetti. La sua è una richiesta al mondo di far parte di qualcosa di più grande. “Perché Apple è stata fondata da un visionario il cui scopo era rendere il mondo migliore, di lasciarlo meglio di come l’abbiamo trovato. Ed è questo che facciamo tutti i giorni”.

La laurea honoris causa a Tim Cook dall’Università Federico II di Napoli

Santo o diavolo? La questione sull’ormai Dottor Cook si ripete ogni volta che esce uno dei suoi prodotti. L’iPhone, per esempio, per qualcuno potrebbe essere il frutto della Mela per gli Adamo dell’era moderna, con qualche centinaio di dollari in più da dare al serpente. Eppure è Tim a parlare dal palco, con voce ferma a lanciare un appello al resto del mondo sulla necessità di fare tutti qualcosa in più. Ed è questa insomma la notizia del giorno: il voler essere capofila di un progetto che non deve e non può coinvolgere solo Apple. “La rivoluzione ha bisogno di tutti. Siamo pronti a collaborare con tutti i partner possibili per lasciare un futuro migliore alle generazioni che verranno. Ognuno di noi deve portare avanti questo compito giorno per giorno”.

Come? Facendosi la domanda giusta, “e portando avanti le proprie idee e le proprie aspirazioni basandosi sui propri valori. Quelli sono la guida”. Per Apple, per esempio, è utilizzare energia pulita, produrre dispositivi con materiali riciclati quasi al 100 per cento, coinvolgere i fornitori in un progetto green per diventare carbon neutral al 100. E poi attenzione all’inclusione e alla diversità e dare anche a chi è meno fortunato conforto attraverso l’utilizzo di sistemi sempre più utili a chi è affetto da disabilità. “Il nostro comportamento influisce sulle generazioni future”.

“1+1 deve dare 3”

Presa la laurea, agli studenti poi Tim Cook racconterà il legame con l’Italia e con Napoli. Dove Apple ha aperto 6 anni fa un’Accademia per il coding che ha già diplomato duemila studenti: “Il genio del vostro Paese nei secoli ha condizionato il progresso dell’Uomo”. Per poi confermare che la realtà aumentata e l’uso benefico dell’intelligenza artificiale è ciò che più impegna ora Cupertino. E a chi gli ha chiesto quale sia il tipo di persona che cerca per il suo team, la risposta è un po’ la somma di tutto: “Cerco persone curiose, che si facciano sempre domande cercando quella più intelligente. E cerco persone che sappiano collaborare, perché è da lì che nascono le idee migliori: per noi, in Apple, 1+1 deve dare 3. Cerco persone differenti, che sappiano di dover vivere per una ragione più grande di loro stesse”.

Non c’è paradiso o inferno allora, nel Pianeta Apple. C’è business, ovviamente, ma non è solo quello il punto: “Quello che è successo negli ultimi anni, tra il Covid e ora la guerra in Ucraina, dimostra che viviamo in un mondo complesso. Eppure resto ottimista, perché mi guardo intorno e vedo tanto potenziale nelle persone”. Non bisogna arrendersi mai ma insistere, “perché, ragazzi, la gioia è nel viaggio non nel futuro che volete raggiungere”. Per questo esiste la tecnologia, alla fine. Per questo “deve essere al servizio del benessere umano. E grazie a lei nulla è impossibile”. Perché no: la pace, perfino.

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