L’intelligenza artificiale è uno strumento utilissimo, ma è evidente che con una tecnologia così avanzata può anche creare problemi. In molti, infatti, hanno approfittato dei nuovi strumenti per tentare di guadagnare soldi in modo illecito. Questo è stato il caso di Boomy, startup di IA generativa nel campo della musica entrata in conflitto con Spotify. Leggendo questa introduzione qualcuno si potrebbe essere già fatto un’idea di come possa essere andata la storia: in realtà, questa ha preso una piega inaspettata.

Partiamo dall’inizio: Boomy è un servizio che, tramite l’intelligenza artificiale, consente di creare canzoni ad hoc originali semplicemente inserendo il testo. Dopodiché è possibile caricarle sui siti di streaming musicali, come appunto Spotify, dove è possibile guadagnare in base al numero di ascolti.

Molte piattaforme hanno espresso scetticismo riguardo ai contenuti creati dall’intelligenza artificiale a causa di varie questioni legate ai diritti d’autore, quindi si potrebbe pensare che il problema sia qui, ma così non è: Spotify è perfettamente tollerante con i contenuti generati da un’IA. Che sono tantissimi: secondo le cifre di Boomy, gli utenti hanno creato più di 14 milioni di canzoni usando il servizio.

Tuttavia molte di queste canzoni, nonostante si tratti di musica piuttosto basilare, sono risultate parecchio popolari. Forse anche troppo. E infatti un’investigazione di Spotify ha rivelato che un numero spropositato delle canzoni prodotte dalla startup hanno ricevuto un numero di ascolti gonfiato, proveniente da bot.

L’idea di robot che ascoltano canzoni generate dall’intelligenza artificiale fa sorridere, ma l’accusa è che Boomy abbia messo in atto un processo di manipolazione degli ascolti per poter lucrare sulla musica prodotta in massa. Chiaramente la startup ha smentito: nel frattempo decina di migliaia delle loro canzoni sono state rimosse.

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