Miliardi di dollari a Huawei dal governo cinese per diventare un colosso dei processori
Huawei starebbe sviluppando, con l’aiuto attivo dello Stato cinese, una grande rete per la produzione di chipset, in grado di renderla autosufficiente. Lo riferisce Bloomberg News in un rapporto eslcusivo pubblicato oggi. Secondo la ricerca della pubblicazione, un fondo di investimento del governo di Shenzhen sarebbe stato fondato con l’unico scopo di mettere Huawei al centro di una grande rete fatta di specialisti ottici, sviluppatori di apparecchiature per chip e chimici.La decisione di fare di Huawei la forza trainante della produzione di chipset cinese sarebbe figlia di un ordine diretto dei vertici del governo. Lo Stato avrebbe addirittura chiesto a Huawei di lanciare il modello Mate 60 prima del previsto, in risposta alla visita del ministro del Commercio statunitense Gina Raimondo in Cina. Insomma, mosse da Guerra Fredda.Gli smartphone Huawei Mate 60 sono stati dotati (fra la sorpresa di molti osservatori e, soprattutto, degli americani) del chipset Kirin 9000S a 7 nm prodotto in Cina. Huawei non ha mai voluto commentare come sia avvenuto lo sviluppo di tale SoC, né tantomeno la provenienza dei materiali per produrlo. Gli addetti ai lavori ritengono che il chipset da 7 nm, costruito dalla SMIC (peraltro anch’essa iscritta nelle lista nera degli Usa), rivela come la Cina sarebbe circa cinque anni indietro rispetto alla tecnologia più avanzata oggi disponibile. In molti tuttavia, ritenevano che il ritardo fosse ben più ampio, oltre i dieci anni. A questo almeno miravano i serrati controlli sulle esportazioni da parte degli Stati Uniti.
Il timore degli USA
Il motivo principale per cui Huawei e l’intero business dei chip in Cina sono strettamente sorvegliati dagli Stati Uniti è la preoccupazione che la tecnologia Usa acquisita dai produttori cinesi possa essere applicata a chip come il 9000S per alimentare droni controllati dall’intelligenza artificiale, super computer per la decifrazione di codici e sorveglianza. O, peggio, impiegata per scopi militari.Lo Shenzhen Major Industry Investment Group è stato creato nel 2019 con finanziamenti statali e avrebbe ricevuto ordini diretti per sostenere gli sforzi della Cina nel settore dei chip. Il gruppo, come appare leggendo i dati di una piattaforma pubblica sulle informazioni di registrazione delle aziende, ha investito in una dozzina di società della catena di approvvigionamento. Bloomberg ha scovato, fra queste, una società di strumenti per la produzione di chip chiamata SiCarrier, che avrebbe formato una “stretta relazione simbiotica” con Huawei, scambiandosi talenti e personale.SiCarrier starebbe impiegando ingegneri per lavorare al progetto Huawei, mentre il produttore di chip avrebbe trasferito una dozzina di brevetti, comprese tecnologie per macchinari di precisione e progetti di data center. Entrambe le parti non hanno risposto alle richieste di commentare la situazione di Bloomberg News.Uno stabilimento della SiCarrier produce componenti per apparecchiature per la produzione di semiconduttori.La Zetop Technologies, invece, è un’altra azienda della filiera di cui Huawei detiene azioni: produce macchine ottiche che posizionano i diversi strati dei transistor su wafer di silicio. Poi c’è la ASML Holding, azienda olandese che detiene praticamente il monopolio sulla vendita di macchine per la litografia. La società non vende i suoi prodotti alle aziende cinesi, aderendo all’embargo americano. Tuttavia, Huawei e i suoi partner sono riusciti ad assumere alcuni ex dipendenti ASML che ora lavorano sulle macchine per la produzione di chip.
L’obiettivo finale della Cina
Gli analisti ritengono che la Cina non stia solo azionando massicci finanziamenti (si parla di 30 miliardi di dollari) e costruendo impianti per la fabbricazione di chip. Lo Stato aiuterebbe anche con altri mezzi, azzerando l’imposizione fiscale e costruendo persino abitazioni per i campus dei dipendenti.
Nonostante tutto ciò, il Paese non avrebbe l’obiettivo di raggiungere la piena autosufficienza nella produzione di chipset ma vorrebbe solo assicurarsi valide alternative soprattutto in quei settori in cui gli Stati Uniti e i loro alleati possono soffocare le forniture, come la litografia, la produzione di wafer e le informazioni sulla progettazione elettronica.
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